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  • Immagine del redattoreStefano Napoli

Servizio Civile Universale in Ecuador - Giada Griso




Perché hai deciso di partire per fare volontariato in Ecuador?


Sono partita per l’Ecuador perché mi ha sempre affascinata il Sud America, sia dal punto di vista naturalistico che culturale, e per questo ho il desiderio di esplorarlo e conoscerlo.

Lo scorso settembre ho inviato la mia candidatura per partecipare ad un progetto di

Servizio Civile Universale nella città di Ibarra, in collaborazione con

la Fundación Cristo de la Calle. Un’organizzazione no profit che si occupa di tutelare e migliorare le condizioni di vita di bambini e adolescenti, garantendone i diritti fondamentali.

Sono stata selezionata e sono partita con altri cinque ragazzi e ragazze il 3 marzo 2020. Sentivo che impegnarmi in un servizio a favore di persone bisognose avrebbe dato valore e significato al mio tempo, e così è stato, anche se la situazione si è evoluta in maniera imprevista e molto differente da quella preannunciata, in seguito alla pandemia causata da Covid-19.

Dopo appena due settimane dall’arrivo in Ecuador, il Governo Italiano ha decretato il rientro sul territorio nazionale degli operatori di servizio civile all’estero: io ho deciso di rimanere, rinunciando però al servizio civile.

In questi quasi 3 mesi la Fundación mi ha accolta dandomi tutto ciò di cui avevo bisogno in cambio del mio impegno come volontaria. Per me il volontariato è un’ottima occasione per viaggiare low-cost, immergermi in nuove culture, acquisire nuove conoscenze e abilità e unire gli sforzi con altri individui per la realizzazione di ideali e progetti comuni. 


Come è stato l'impatto iniziale una volta arrivata?


Appena arrivata l’impatto è stato assolutamente positivo, anche se probabilmente un poco falsato dal mio ideale “romantico”. Ero estasiata di fronte alla maestosità del paesaggio andino, all’aria tiepida di Quito (la capitale ecuadoriana) e ai suoi colori vivaci, oltre che alla melodia della lingua spagnola, che adoro. Il popolo ecuadoriano, con la sua gentilezza e ospitalità, mi ha fatta sin da subito sentire a casa.

Fin dai primi istanti mi sono inoltre scontrata con le contraddizioni di un’umanità materialmente povera ma autentica nella sua semplicità, che non teme di mostrarsi per quello che è.

A distanza di alcuni mesi posso dire che alcune realtà nelle quali mi sono imbattuta sono veramente difficili da digerire e lasciano l’amaro in bocca, ma continuo ad esserne affascinata.


Di cosa ti occupi e in che modo aiuti la fondazione?


Come volontaria mi occupo di appoggiare il personale della fondazione - principalmente le educatrici - nello svolgimento delle attività quotidiane che si svolgono in casa famiglia: prendersi cura dei neonati, essere di supporto ai più piccoli nel processo di acquisizione dell’indipendenza (aiutarli a vestirsi, andare al bagno, ecc.), organizzare giochi e attività ricreative (ballo, yoga, pittura, teatro, ecc.), aiutare nello studio e realizzazione dei compiti, cucinare, stendere e piegare i panni, mantenere la casa pulita e ordinata, ecc. I bambini e adolescenti di cui la fondazione si occupa vivono, infatti, in un contesto che cerca di imitare il più possibile quello di un’autentica famiglia: sono suddivisi in 3 case, ciascuna delle quali occupa fino a un massimo di 15 individui da 0 a 18 anni di età. La presenza dei volontari occupa un ruolo fondamentale nel supporto al personale qualificato, dato che il rapporto educatore/bambino sarebbe normalmente di 1 a 12/15. La Fundación sopravvive soprattutto grazie a fondi governativi che in questo periodo, tuttavia, in seguito alla pandemia Covid-19, sono investiti dal Governo per far fronte all’emergenza. La Fundación al momento si trova sprovvista degli aiuti statali e l’unica maniera che ha per continuare a svolgere le proprie attività a sostegno di bambini e adolescenti in difficoltà è affidarsi a donazioni private volontarie.


Tutti possono contribuire, nel loro piccolo, a sostenere la Fundación attraverso la campagna attiva su GoFundMe “Un ponte Italia-Ibarra”




Quali sono i tuoi piani una volta finita questa esperienza?


Conclusa questa esperienza, mi piacerebbe prendere parte ad altri progetti di volontariato/scambio lavoro di varia natura sul territorio ecuadoriano, facendo affidamento principalmente alla piattaforma WorkAway. Una volta che sarà possibile riprendere a viaggiare e ad attraversare le frontiere terrestri,

il mio sogno è quello di raggiungere l’estremo Sud (la Terra del Fuoco) in bicicletta.

Viaggiare per me è soprattutto sinonimo di conoscenza profonda di me stessa e crescita personale, attraverso il confronto con realtà differenti da quella in cui ho vissuto sinora, nelle quali mi viene richiesto di mettere costantemente alla prova i miei limiti e di sconfiggere le mie paure e i miei pregiudizi. Questo è ciò che desidero maggiormente per me stessa e la mia vita, e spero di poterlo fare il più a lungo possibile.






 

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